martedì, maggio 22, 2007

Il punto di non ritorno

In ogni cosa che facciamo c’è il rischio di superare il punto di non ritorno. Lo sanno bene i piloti aeronautici, che lo calcolano ad ogni decollo ed atterraggio; lo sanno i paracadutisti, che saltano giù con addosso un pezzo di tela come speranza di salvezza; lo sanno gli amanti che perdono la ragione durante l’amplesso.
Ma è quando si litiga che il punto di non ritorno diventa il fulcro dell’evento: si moltiplica, si contrae, si estende; quando si è convinti di averlo lasciato indietro eccolo comparire di nuovo davanti, pronto per essere superato ancora, finché si ha voce, arroganza, testa di cazzo. In alcuni casi il punto si può identificare con una parola, un oggetto, un frutto; magari una fragola, condita con troppo zucchero.
Alla fine si abbandona per stanchezza, lasciando il ring per l’accumularsi dei punti alle spalle e il moltiplicarsi di quelli davanti. Si rimane spiazzati, spossati, nervosi, arrabbiati, solitamente contro se stessi, per non essere riusciti a fermarsi prima.
E ciò che rimane sullo stomaco è solo una sconcertante amarezza, perché ci si rende conto che forse, dopotutto, sarebbe stato sufficiente mangiare quella fragola.